A: Benvenuta Donna, presentati ai nostri lettori.
D: Vita tipicamente "americana" fino all'età di 34
anni quando mi sono trasferita in Italia con mio marito e i miei due figli. Ho
vissuto in tanti posti per via del lavoro di mio padre: sono nata a
Philadelphia, cresciuta a St. Louis, tornata sull'east coast, prima nel New
Jersey poi in Pennsylvania e di nuovo nel New Jersey, dove a 15 anni la fase
"italiana" della mia vita è cominciata.
I miei nonni erano italiani emigrati negli States negli anni '20. Di loro purtroppo ho conosciuto solo Paolina, la mia nonna materna. A lei assomiglio fisicamente e da lei ho ereditato la mia passione per la maglia. E' stata lei ad insegnarmi a lavorare ai ferri, e visto che è morta quando avevo 6 anni, suppongo che mi abbia insegnato quando ero piccolissima. Mi ricordo che facevo copertine e vestitini per le mie bambole.
All'età di 15 anni ho conosciuto una zia di mamma che da Bomba nell'Abruzzo venne a stare con noi per un paio di mesi. Proprio grazie a Zia Anita ho ripreso ad amare la maglia, ho imparato a usare l'uncinetto e cominciato a studiare l'italiano alla Princeton High School quell'anno e ho continuato anche all'università dove ho incontrato mio marito... il resto è storia! Mi sono laureata in lingua e letteratura italiana, mi sono sposata, ho avuto due figli e nel 1988 ci siamo trasferiti in Italia - anche qui si vede il background americano - perché abbiamo vissuto prima a Urbino, poi a Cagli, poi Pistoia e al momento a Lucca. Dal 1996 lavoro come traduttrice freelance e - come dico nel sottotitolo del mio blog knitviktim.blogspot.com - sono vittima della mia passione per la maglia!
I miei nonni erano italiani emigrati negli States negli anni '20. Di loro purtroppo ho conosciuto solo Paolina, la mia nonna materna. A lei assomiglio fisicamente e da lei ho ereditato la mia passione per la maglia. E' stata lei ad insegnarmi a lavorare ai ferri, e visto che è morta quando avevo 6 anni, suppongo che mi abbia insegnato quando ero piccolissima. Mi ricordo che facevo copertine e vestitini per le mie bambole.
All'età di 15 anni ho conosciuto una zia di mamma che da Bomba nell'Abruzzo venne a stare con noi per un paio di mesi. Proprio grazie a Zia Anita ho ripreso ad amare la maglia, ho imparato a usare l'uncinetto e cominciato a studiare l'italiano alla Princeton High School quell'anno e ho continuato anche all'università dove ho incontrato mio marito... il resto è storia! Mi sono laureata in lingua e letteratura italiana, mi sono sposata, ho avuto due figli e nel 1988 ci siamo trasferiti in Italia - anche qui si vede il background americano - perché abbiamo vissuto prima a Urbino, poi a Cagli, poi Pistoia e al momento a Lucca. Dal 1996 lavoro come traduttrice freelance e - come dico nel sottotitolo del mio blog knitviktim.blogspot.com - sono vittima della mia passione per la maglia!
A: Americana trapiantata in Italia, cosa ci puoi dire dei
pro e contro di questa tua esperienza, anche e sopratutto per quanto riguarda
la tua passione per la maglia e i filati?
D: Domanda di rigore ;)
Il contro più significativo è la lontananza dalla mia
famiglia, tutto il resto è superabile, ma più i miei genitori
invecchiano più mi pesa. Poi 4 anni fa mia figlia ha deciso di trasferirsi a
Philadelphia, un cervello in fuga da un'Italia che offre poco ai giovani
laureati. Da una parte sono contenta per i miei genitori che hanno la nipote
più vicino, dall'altra a volte mi sento "sola" perché mia figlia per
me è un'amica e quando era qui parlavamo molto e ci confrontavamo su tutto.
Un altro aspetto negativo è poi forse la
"provincialità", se posso dirlo senza offendere, di moltissimi
italiani che nascono, crescono e vivono spesso nello stesso posto o in un raggio
di pochi km dal posto in cui sono nati e considerano quel posto l'unico al
mondo dove possono essere felici.
I pro sono diversi: devo dire che sono contenta che i figli
abbiano studiato qui. Lo stile più "slow" della vita - almeno negli
anni 80 e 90 - si addice più al mio modo di intendere la vita, e poi ho fatto
tante cose in questi 24 anni che mi hanno arricchita come persona: l'arte, la
storia, le tantissime persone meravigliose che ho conosciuto.
Invece riguardo la mia passione per la maglia e i filati,
purtroppo devo dare un voto basso all'Italia, soprattutto alla provincia
italiana. Credo che nelle grandi città si trovi tutto - ferri di ogni tipo e
misura, filati anche esotici, libri, circoli, riviste., ma io ho sempre vissuto
in provincia. E' un circolo vizioso: le mercerie e negozi di lana non comprano
le novità perché dicono che nessuno le compra, nessuno le compra perché in
negozio non ci sono. Oggi abbiamo internet e l'e-commerce, ma fino a qualche
anno fa era dura.
A: Parlando di maglie, cosa preferisci sferruzzare e con quali filati?
D: Per motivi di tempo in questo periodo prediligo i progetti
"piccoli" lavorati su ferri piuttosto grossi (colli, sciarpe,
scialli, guanti senza dita, cappelli) perché non so mai quando mi arriverà una
grossa traduzione che mi porterà via dalla mia amata maglia per diversi giorni.
Purtroppo se lascio fermo un progetto per molto tempo è sempre più difficile
riprenderlo in mano, magari nel frattempo vedo qualcos'altro che mi attira, e
mille altre distrazioni! Per esempio al momento ho un maglione a metà per mio
marito iniziato con tutte le buone intenzioni l'inverno scorso. Con la
primavera sono arrivate delle richieste dalla figlia oltre mare... e poi sono
appassionata anche di bottoni, bigiotteria fatta con bottoni, etc...
Un domani spero di potermi dedicare a progetti più
impegnativi. Per esempio, da ragazza ho fatto un maglione tipo irlandese pieno
di trecce, popcorn e altri motivi - vorrei farne un altro.
A: Reduce dai due corsi di filatura che hai organizzato in
ottobre in collaborazione con la mitica Deborah Gray, hai in programma per il
20 novembre, a Lucca, un workshop con approccio filologico alle tecniche e ai
modelli di Elizabeth Zimmermann, raccontaci come ti è venuta l'idea di
organizzare un evento del genere (anche in relazione alla mostra abbinata)?
D: La Zimmermann è sempre stata una sorta di mito per me, la
storia della sua vita mi ha sempre intrigata e poi questa famiglia "tutto
knit" - con figlia e nipote che hanno seguito nelle sue orme.
Inoltre il garter stitch - punto legaccio - è sempre stato
uno dei miei preferiti - per la sua semplicità, per il tipo di tessuto che
crea, molto elastico e con una texture non solo bella da vedere ma anche
da toccare.
Appena ho letto dell'uscita del libro Knit One Knit All, curato
da suo nipote Cully con l'aiuto di Meg Swansen, figlia della Zimmermann e madre
di Cully, l'ho voluto subito! In italia non era disponibile e quindi ho chiesto
a una amica in Germania di procurarmelo e appena l'ho visto mi è venuta voglia
di fare qualcosa di diverso. Durante il workshop di Deborah a Lucca ne ho
parlato con le ragazze, dicendo che volevo fare un workshop usando i modelli della Zimmermann, con i materiali che ha usato lei, i ferri che ha usato lei e
Serena, una delle ragazze al corso ha detto "bello, un workshop con
approccio filologico!"
Ero già a contatto con la Swansen perché un altro mio sogno
nel cassetto è di curare la traduzione di almeno uno dei libri della Zimmermann
(ma questo sarà per un'altra intervista!) - e quindi le ho scritto e ho le chiesto
se mi dava il permesso di usare due dei modelli dal libro. Lei ha detto di sì e
quindi il dado era tratto!
In passato avevo organizzato workshop per Deborah a
Lu.C.C.A. - il centro di arte contemporanea a Lucca, e quindi era naturale per
me rivolgermi a loro per chiedere lo spazio che gentilmente hanno concesso.
Attualmente c'è una mostra tratta dalla Peggy Guggenheim Collection e ho
pensato perché non abbinare una visita alla mostra di Peggy al workshop
sui metodi di Elizabeth metttendo a confronto due donne straordinarie del '900,
indipendenti forse anche testarde, fuori dagli schemi dei loro tempi, due donne
che hanno lasciato casa e famiglia in età molto giovane per cercare le
loro strade, due donne che amavano l'arte in ogni sua accezione, due donne che
hanno lasciato un segno - ... and there you have it!
A: Quale sarà il programma del tuo workshop e cosa farete nel dettaglio?
D: Prima di parlare del programma, volevo accennare al fatto
che il workshop può anche essere seguito da casa. Una ragazza mi ha scritto
dicendo che avrebbe voluto seguire il workshop a Lucca, ma che vivendo lontana
le era impossibile. Le ho suggerito di comunque partecepare
online. Praticamenrte le invierò il materiale per posta e poi lavorermo insieme
tramite Skype in video conferenza. Ho deciso di estendere questa possibilità
anche ad altre persone. Credo che EZ ne sarebbe contenta, visto che quando, nel
lontano 1958, capì che le riviste di maglia di quell'epoca avevano stravolto i
suoi modelli e le sue tecnica, ha deciso di pubblicare la sua ormai famosa
newsletter "Wool Gathering". Dopo la sua morte, sua figlia Meg ha
raccolto i numeri di "Wool Gathering" dal 1958 al 1968 nel
libro "The Opinionated Knitter". Lavoreremo su due cappelli che
usano diverse tecniche tipicamente "zimmermanniniane": i ferri
circolari, gli short rows, la lavorazione quasi seamless. E poi, naturalmente,
c'è la scelta di usare lo stesso filato usato da Elizabeth - l'Icelandic
Unspun.
L'unspun è una sfida anche per la knitter esperta. Essendo
molto delicato per la sua natura unspun, si rompe facilmente, quindi è
necessario prima acquisire la "mano" e poi tutto fila liscio!
A: Parlando di designer, oltre la Zimmermann, quali sono le tue preferite e perché e cosa pensi del movimento italiano?
D: Devo ammettere che non sono molto aggiornata sui designer
del momento - magari se mi dici qualche nome potre anche riconoscerlo
semplicemente perché li avrò visto su ravelry. In genere io scelgo un pattern
perché mi piace il capo e non perché questo o quello designer lo ha progettato.
A dire il vero, speso sono attratta dai modelli creati da altre donne come me
che magari vedendo una cosa che piace, decide di farlo e poi di condividere un
pattern su ravelry. E poi... tornando alla nonna ... ho diversi suoi riviste che
spaziano dagli anni 30 ai primi anni 60, e devo dire che spesso faccio
riferimento a questi modelli "vintage". Mi diverto molto perché trovo
maglie, gonne, giacche che mia nonna ha fatto per mamma, per le mie zie, per me
e i miei cugini.
In fin dei conti sono sempre me stessa, nel senso
che non seguo molto la moda del momento, ma la moda che piace a me: a volte
sono avanti, prima dei tempi, altre rimango indietro affascinata dalla moda di
un tempo in cui io ero molto felice: un ottimo esempio di questo sono gli anni '50 e '60, un tempo
per me indescrivibilmente bello, tutto di quegli anni fanno parte di quello che sono
io... la musica, la moda, la letteratura, lo stile di vita nell'america di
quegli anni...
Il movimento italiano... credo che vi riferiate all' ondata
di rinnovato interesse nella maglia. Quando sono arrivata qui nell '88
poche erano le ragazze della mia età che si interessavano alla maglia e tutti
erano sempre sorpresi che un'americana lavorasse a maglia. Devo dire che l'idea
italiana dell'America e soprattutto della donna americana è alquanto
stereotipica, come lo è l'idea americana dell'Italia e delle italiane! Oggi
sono così felice di vedere tante ragazze giovani che vogliono imparare a
lavorare a maglia o all'uncinetto. Alcuni nomi mi vengono subito in mente: Emma
Fassio, Ekeloa, Alice Twain/Silvia, Round, Marsicanus Bear e molte altre che
non mi ricordo o che non conosco, donne giovani e creative che progettanno
modelli per maglie, colli, cappelli, peluche, guanti. È una vera gioia per me
sapere che quest'antichissima arte ha messo radici in questa generazione.
A: Domanda
marzullesca: fatti una domanda a cui ti piacerebbe rispondere!
D: Donna, ma perché hai aspettato tanto per riperendere in mano
i ferri?
A dire il
vero non ho mai veramente abbandonato del tutto i ferri, ma ci sono stati
lunghi intervalli tra i miei progetti. Alle superiori ero molto presa dalla
maglia e ho realizzato tanti poncho, sciarpe, maglioni ma poi all'universitá
avevo una vita piú frenetica. Insomma, avevo poco tempo per la maglia. L'anno
che ho passato in italia tra il paese di mia nonna in Abruzzo e all'università
a Firenze ho ripreso in mano i ferri. Poi tornata a casa, esami, martrimonio da
organizzare, poi marito, casa, figli. Ho lavorato ai ferri sempre di meno. Ma
i ferri e l'uncinetto mi hanno sempre accompagnata e facevo almeno uno o due
cosette all'anno. Ora sono entrata forse nel periodo piú bella della mia vita.
Finalmente ho tempo per me e le cose che mi piacciono. Era naturale riprendere
i ferri in mano. E non solo! La filatura, il knitcafé
"Am...magliando" qui a Lucca, i workshop... Sì sono una knitviktim!!!
A: Il gioco del nostro blog: definisci la maglia in due
parole.
D: passato, futuro.
Grazie Donna e a tutti voi, alla prossima intervista!